martedì 3 settembre 2013

citazioni da "il lupo della steppa" hermann hesse


“Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della steppa, come mi chiamai più volte, l’animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l’aria, il nutrimento.”


“C’era una volta un tale di nome Harry, detto il “lupo della steppa”. Camminava con due gambe, portava abiti ed era un uomo, ma, a rigore, era un lupo. Aveva imparato parecchio di quel che possono imparare gli uomini dotati d’intelligenza, ed era uomo piuttosto savio. Ma una cosa non aveva imparato: ad essere contento di sé e della sua vita. Non ci riusciva, era un uomo scontento. Ciò dipendeva probabilmente dal fatto che in fondo al cuore sapeva (o credeva di sapere) di non essere veramente un uomo, ma un lupo venuto dalla steppa.”


“Per esempio quando Harry uomo concepiva un bel pensiero, provava un sentimento nobile e fine o faceva una così detta buona azione, il lupo che aveva dentro digrignava i denti e sghignazzava, e gli mostrava con sanguinoso sarcasmo quanto era ridicola quella nobile teatralità sul muso d’un animale della steppa, di un lupo che sapeva benissimo quali fossero i suoi piaceri, trottare cioè solitario attraverso le steppe, empirsi ogni tanto di sangue o dar la caccia a una lupa… e, considerata dal punto di vista del lupo, ogni azione umana diventava orribilmente buffa e imbarazzante, sciocca e vana.”


“Esistono non pochi uomini simili ad Harry; specialmente molti artisti appartengono a questa categoria. Costoro hanno in sé due anime, due nature, hanno un lato divino e un lato diabolico, il sangue materno e il sangue paterno, e le loro capacità di godere e di soffrire sono così intrecciate, ostili e confuse tra loro come in Harry il upo e l’uomo. E questi uomini la cui vita è molto irrequieta hanno talvolta nei rari momenti di felicità sentimenti così profondi e indicibilmente belli, la schiuma della beatitudine momentanea spruzza così alta e abbagliante sopra il mare del loro dolore, che quel breve baleno di felicità si irradia anche su altri e li affascina. Così nascono, preziosa e fugace schiuma schiuma di felicità sopra il mare della sofferenza, tutte le opere d’arte nelle quali un uomo che soffre si inalza per un momento tanto al di sopra del proprio destino che la sua felicità brilla come un astro e appare per chi la vede come una cosa eterna, come il suo proprio sogno di felicità. Tutti questi uomini, qualunque siano le loro gesta e le loro opere, non hanno veramente alcuna vita, vale a dire la loro vita non è un’esistenza, non ha una forma, essi non sono eroi o artisti o pensatori come altri possono essere giudici, medici, calzolai o maestri, ma la loro vita è un moto eterno, una mareggiata penosa, è disgraziatamente e dolorosamente straziata, paurosa o insensata, quando non si voglia trovarne il significato proprio in quei rari avvenimenti e fatti, pensieri e opere che balzano luminosi sopra il caos di una simile vita.”


“Per questo aveva tanto bisogno di solitudine e d’indipendenza. Nessuno ha mai avuto un bisogno più profondo e più appassionato di essere indipendente. … . Non si è mai venduto per denaro o benessere, non si è mai dato alle donne o ai potenti, e mille volte ha buttato via e rifiutato quello che secondo tutti sarebbe stato il suo bene e il suo vantaggio, pur di conservare in compenso la libertà. Nessun’idea gli era più odiosa e ripugnante che quella di avere un impiego, osservare un orario, obbedire agli altri. Odiava gli uffici e le cancellerie come la morte, e la cosa più orrenda che gli potesse capitare in sogno era la prigionia in una caserma. A tutte queste sciagure seppe sottrarsi spesso e con grandi sacrifici. In ciò consistevano la sua forza e la sua virtù, qui era inflessibile e incorruttibile e il suo carattere era saldo e rettilineo. Ma con questa virtù erano anche strettamente collegate le sue sofferenze e la sua sorte.
La meta egli raggiunse e divenne sempre più indipendente, nessuno gli comandava, non era costretto a seguire nessuno e decideva liberamente delle sue azioni e omissioni. Ogni uomo forte infatti raggiunge immancabilmente ciò che il suo vero istinto gli ordina di volere. Ma raggiunta la libertà Harry si accorse a un tratto che la sua libertà era morte, che era solo, che il mondo lo lasciava paurosamente in pace, che gli uomini non lo riguardavano più né lui riguardava sé stesso, che soffocava lentamente in un’aria sempre più rarefatta senza relazioni e senza compagnia. … tutti lo lasciavano solo. Non che fosse odioso o antipatico alla gente. Al contrario, aveva moltissimi amici. Molti gli volevano bene. Ma quella che incontrava era solamente simpatia amichevole; lo invitavano, gli facevano regali, gli scrivevano lettere garbate, ma nessuno gli si accostava, nessuno si legava a lui, nessuno aveva la voglia o la capacità di condividere la sua vita.”


“i lupi della steppa che sono senza pace, che soffrono continuamente e terribilmente, che non hanno lo slancio necessario per arrivare alla tragedia, per penetrare nello spazio astrale, che sentono la vocazione dell’assoluto eppure non vi possono vivere:quando il loro spirito si è fatto abbastanza forte ed elastico nella sofferenza, trovano la confortante via d’uscita dell’umorismo.

“Harry trova dentro di sé un <uomo> , cioè un mondo di pensieri, di sentimenti, di cultura, di natura addomesticata e sublimata, e trova in sé anche un lupo, cioè un mondo buio di istinti selvaggi, di crudeltà, di natura rozza e non sublimata.”


“La via per giungere all’uomo vero, agl’immortali, Harry può benissimo intuirla, la percorre anche per qualche brevissimo tratto, con esitazione, e paga questo percorso con gravi dolori, con penoso isolamento. Ma di quel postulato supremo che impone di aspirare a diventare uomo secondo lo spirito, di percorrere l’unica stretta via dell’immortalità, egli ha paura in fondo all’anima. Capisce che arriverebbe a dolori ancor maggiori, alla proscrizione, all’ultima rinuncia, forse al patibolo… e quantunque in fondo a questa via appaia la lusinga dell’immortalità, tuttavia egli non ha voglia di patire tutte queste pene, di morire tutte queste morti.”


“Invece di restringere il tuo mondo, di semplificare la tua anima, dovrai accogliere più mondo e alla fine il mondo intero nella tua anima dolorosamente ampliata per poter giungere forse un giorno alla fine, al riposo. Questa via fu percorsa da Buddha, da ogni uomo grande, da questo consapevolmente, dall’altro inconsciamente, secondo che gli riusciva l’ardita impresa. Ogni nascita è separazione dal tutto, è limitazione, distacco da Dio, nuovo doloroso divenire. Il ritorno al tutto, l’annullamento della dolorosa individuazione,il divenir Dio significa aver allargato talmente la propria anima da poter riabbracciare l’universo.”


“Ora prendiamo commiato da Harry e lo lasciamo andare per la sua strada. Se fosse già presso gl’immortali, dove dovrebbe portarlo il suo difficile cammino, come assisterebbe meravigliato a questo andirivieni, allo zig zag irresoluto e folle della sua strada, come sorriderebbe divertito e pietoso, con aria di rimprovero e d’incoraggiamento, al lupo della steppa!”

DA ALMA ATA


03/09/13 
ore 3:44  in un parcheggio sulla collina Kok Tobe – Alma Ata

ciao a tutti,
il progetto Snowleopard è finito da nove giorni, da quando con l’elicottero sono tornato nella civiltà a Djirghital in Tagikistan. In questo momento sto vivendo la fase tre di questo mio viaggio, quella del ritorno e più precisamente io e il mio socio Alberto stiamo cercando di ottenere il visto della Russia per tornare in Italia con Ringo, il mio furgone, attraverso Russia, Georgia, Turchia e Grecia. In questo momento siamo ad Alma Ata, in Kazakstan dove domani apre l’ufficio visti del consolato russo e sapremo come fare domanda e quanto dovremo aspettare.
Indaffarato a risolvere questi problemi e ad organizzare il tragitto del rientro, ma comunque anche intento ad assaporare e fare miei i paesaggi, le città e le esperienze già iniziate di questo mio viaggio di ritorno, ho riposto i due mesi di Snowleopard in un angolo. Come quando fai un trasloco e riempi dei grossi scatoloni pieni di roba, poi nella nuova casa incominci a spacchettare, inizi dalle cose necessarie, non dalle più importanti, cose come pentole, posate ecc. Alcuni scatoloni magari rimangono lì impacchettati per settimane, mesi, magari anche anni. Conosco un tale che ha traslocato a Milano da più di un anno e molti scatoloni non li ha ancora sistemati J. Questi scatoloni messi lì negli angoli, in posti che non intralciano il passaggio, possono anche contenere cose molto importanti come i della tua giovinezza che hanno contribuito a farti diventare come sei adesso, oppure oggetti arrivati da viaggi lontani che ormai fanno parte di te. Così è nella mia memoria il progetto Snowleopard: un grosso baule pieno di esperienze, sensazioni, gioie e delusioni alpinistiche ma anche umane. L’ho riposto lì in un angolo della mia nuova casa, ogni tanto ci vado vicino e lo apro e ci tiro fuori qualche pezzo di ricordo e me lo riassaporo. Il gusto è ancora fresco, vivo, non ancora sedimentato e velato dal tempo, dalla critica, dalla mia coscienza. Per qualche tempo vogli tenerli così questi ricordi, grezzi. Godermeli nella loro ruvidezza, ogni tanto farne riaffiorare uno alla mente e provarne le forti emozioni e sensazioni di allora. Senza giudizio ancora, senza critica. Quella verrà col tempo.
Quindi mi dispiace, ma ancora niente bilancio del progetto, niente “tirare le somme”, ma ancora tante emozioni. Intanto se vi va mi piacerebbe intrattenervi con racconti di pezzi di progetto e foto a tratti, mischiate con aneddoti di questo mio viaggio di ritorno.
Saluti Cala









 A Djirghital, appena sceso dall'elicottero.