“Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche
nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si contenta di così
poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della
steppa, come mi chiamai più volte, l’animale sperduto in un mondo a lui
estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l’aria, il
nutrimento.”
“C’era una volta un tale di nome Harry, detto il “lupo della
steppa”. Camminava con due gambe, portava abiti ed era un uomo, ma, a rigore,
era un lupo. Aveva imparato parecchio di quel che possono imparare gli uomini
dotati d’intelligenza, ed era uomo piuttosto savio. Ma una cosa non aveva
imparato: ad essere contento di sé e della sua vita. Non ci riusciva, era un
uomo scontento. Ciò dipendeva probabilmente dal fatto che in fondo al cuore
sapeva (o credeva di sapere) di non essere veramente un uomo, ma un lupo venuto
dalla steppa.”
“Per esempio quando Harry uomo concepiva un bel pensiero,
provava un sentimento nobile e fine o faceva una così detta buona azione, il
lupo che aveva dentro digrignava i denti e sghignazzava, e gli mostrava con
sanguinoso sarcasmo quanto era ridicola quella nobile teatralità sul muso d’un
animale della steppa, di un lupo che sapeva benissimo quali fossero i suoi
piaceri, trottare cioè solitario attraverso le steppe, empirsi ogni tanto di
sangue o dar la caccia a una lupa… e, considerata dal punto di vista del lupo,
ogni azione umana diventava orribilmente buffa e imbarazzante, sciocca e vana.”
“Esistono non pochi uomini simili ad Harry; specialmente
molti artisti appartengono a questa categoria. Costoro hanno in sé due anime,
due nature, hanno un lato divino e un lato diabolico, il sangue materno e il
sangue paterno, e le loro capacità di godere e di soffrire sono così intrecciate,
ostili e confuse tra loro come in Harry il upo e l’uomo. E questi uomini la cui
vita è molto irrequieta hanno talvolta nei rari momenti di felicità sentimenti
così profondi e indicibilmente belli, la schiuma della beatitudine momentanea
spruzza così alta e abbagliante sopra il mare del loro dolore, che quel breve
baleno di felicità si irradia anche su altri e li affascina. Così nascono,
preziosa e fugace schiuma schiuma di felicità sopra il mare della sofferenza,
tutte le opere d’arte nelle quali un uomo che soffre si inalza per un momento
tanto al di sopra del proprio destino che la sua felicità brilla come un astro
e appare per chi la vede come una cosa eterna, come il suo proprio sogno di
felicità. Tutti questi uomini, qualunque siano le loro gesta e le loro opere,
non hanno veramente alcuna vita, vale a dire la loro vita non è un’esistenza,
non ha una forma, essi non sono eroi o artisti o pensatori come altri possono
essere giudici, medici, calzolai o maestri, ma la loro vita è un moto eterno,
una mareggiata penosa, è disgraziatamente e dolorosamente straziata, paurosa o
insensata, quando non si voglia trovarne il significato proprio in quei rari
avvenimenti e fatti, pensieri e opere che balzano luminosi sopra il caos di una
simile vita.”
“Per questo aveva tanto bisogno di solitudine e
d’indipendenza. Nessuno ha mai avuto un bisogno più profondo e più appassionato
di essere indipendente. … . Non si è mai venduto per denaro o benessere, non si
è mai dato alle donne o ai potenti, e mille volte ha buttato via e rifiutato
quello che secondo tutti sarebbe stato il suo bene e il suo vantaggio, pur di
conservare in compenso la libertà. Nessun’idea gli era più odiosa e ripugnante
che quella di avere un impiego, osservare un orario, obbedire agli altri. Odiava
gli uffici e le cancellerie come la morte, e la cosa più orrenda che gli
potesse capitare in sogno era la prigionia in una caserma. A tutte queste
sciagure seppe sottrarsi spesso e con grandi sacrifici. In ciò consistevano la
sua forza e la sua virtù, qui era inflessibile e incorruttibile e il suo
carattere era saldo e rettilineo. Ma con questa virtù erano anche strettamente
collegate le sue sofferenze e la sua sorte.
…
La meta egli raggiunse e divenne sempre più indipendente,
nessuno gli comandava, non era costretto a seguire nessuno e decideva
liberamente delle sue azioni e omissioni. Ogni uomo forte infatti raggiunge
immancabilmente ciò che il suo vero istinto gli ordina di volere. Ma raggiunta
la libertà Harry si accorse a un tratto che la sua libertà era morte, che era
solo, che il mondo lo lasciava paurosamente in pace, che gli uomini non lo
riguardavano più né lui riguardava sé stesso, che soffocava lentamente in
un’aria sempre più rarefatta senza relazioni e senza compagnia. … tutti lo
lasciavano solo. Non che fosse odioso o antipatico alla gente. Al contrario,
aveva moltissimi amici. Molti gli volevano bene. Ma quella che incontrava era
solamente simpatia amichevole; lo invitavano, gli facevano regali, gli
scrivevano lettere garbate, ma nessuno gli si accostava, nessuno si legava a
lui, nessuno aveva la voglia o la capacità di condividere la sua vita.”
“i lupi della steppa che sono senza pace, che soffrono
continuamente e terribilmente, che non hanno lo slancio necessario per arrivare
alla tragedia, per penetrare nello spazio astrale, che sentono la vocazione
dell’assoluto eppure non vi possono vivere:quando il loro spirito si è fatto
abbastanza forte ed elastico nella sofferenza, trovano la confortante via
d’uscita dell’umorismo.
“Harry trova dentro di sé un <uomo> , cioè un mondo di
pensieri, di sentimenti, di cultura, di natura addomesticata e sublimata, e
trova in sé anche un lupo, cioè un mondo buio di istinti selvaggi, di crudeltà,
di natura rozza e non sublimata.”
“La via per giungere all’uomo vero, agl’immortali, Harry può
benissimo intuirla, la percorre anche per qualche brevissimo tratto, con
esitazione, e paga questo percorso con gravi dolori, con penoso isolamento. Ma
di quel postulato supremo che impone di aspirare a diventare uomo secondo lo
spirito, di percorrere l’unica stretta via dell’immortalità, egli ha paura in
fondo all’anima. Capisce che arriverebbe a dolori ancor maggiori, alla
proscrizione, all’ultima rinuncia, forse al patibolo… e quantunque in fondo a
questa via appaia la lusinga dell’immortalità, tuttavia egli non ha voglia di
patire tutte queste pene, di morire tutte queste morti.”
“Invece di restringere il tuo mondo, di semplificare la tua
anima, dovrai accogliere più mondo e alla fine il mondo intero nella tua anima dolorosamente
ampliata per poter giungere forse un giorno alla fine, al riposo. Questa via fu
percorsa da Buddha, da ogni uomo grande, da questo consapevolmente, dall’altro
inconsciamente, secondo che gli riusciva l’ardita impresa. Ogni nascita è
separazione dal tutto, è limitazione, distacco da Dio, nuovo doloroso divenire.
Il ritorno al tutto, l’annullamento della dolorosa individuazione,il divenir
Dio significa aver allargato talmente la propria anima da poter riabbracciare
l’universo.”
“Ora prendiamo commiato da Harry e lo lasciamo andare per la
sua strada. Se fosse già presso gl’immortali, dove dovrebbe portarlo il suo
difficile cammino, come assisterebbe meravigliato a questo andirivieni, allo
zig zag irresoluto e folle della sua strada, come sorriderebbe divertito e
pietoso, con aria di rimprovero e d’incoraggiamento, al lupo della steppa!”