sabato 24 agosto 2013

Fine Snowleopard Ski Project

Mercoledì  21 agosto, ore 14:47, 
sono al campo base Moskvina, sdraiato nella tenda che condivido con il mio amico Loscia. La vista dall’apertura posteriore della tenda aperta per metà e attraverso gli indumenti piumati appesi a prendere aria, abbraccia il laghetto circondato di verde che caratterizza questo campo base e la morena con le prime propaggini del ghiacciaio del Pic Communism. Dietro di me, fuori dalla tenda, Loscia parla in russo con un ragazzo con cui ieri siamo scesi dalla montagna e mangiano pistacchi. Riconosco solo alcune parole come: “ Pobeda, Makalu, Manaslu, Communism”… . Le nuvole coprono il sole che però ogni tanto fa capolino riscaldando la tenda e c’è un vento leggero. Io dal canto mio sono infilato dentro il sacco a pelo e mi riscaldo le dita dei piedi malandate: un leggero congelamento mi provoca fastidio ai due ditoni e, meno, alle dita circostanti. Invece le dita delle mie mani sono abbronzate e recano alcune ferite leggere provocate dai litigi con le lamine degli sci e con i ganci degli scarponi. Tutti segni che mi ricordano di avere trascorso due mesi intensi di alpinismo, di fatica, di sole accecante, di ghiaccio, di roccia e di neve, vento, freddo intenso, pericoli, delusioni ma anche momenti di grande gioia e felicità. Ora una generale stanchezza si è impadronita di me provocandomi un leggero intontimento. Ora posso rilassarmi, non pensare più alla prossima vetta o a cercare di riposare il più possibile per recuperare le forze che tra due giorni si parte di nuovo per una nuova montagna, una nuova via con nuove insidie e sfide. Due alpinisti in lontanaza, oltre il lago stanno tornando con passo incerto al campo base: questi erano gli ultimi giorni possibili per un tentativo di scalata al pic Communism, così tutti quelli interessati sono partiti in massa all’attacco della montagna. Più di quaranta persone sono partite nell’arco di due giorni, concentrandosi in fila indiana e lentamente ad aprire la via verso l’alto che era straordinariamente carica di neve. Noi, Loscia ed io, siamo partiti con due giorni di ritardo rispetto agli apritori della via perché avevamo appena scalato il pic Korjenvskaya e avevamo bisogno di recuperare. Comunque in due giorni abbiamo saltato due campi e, anche noi aprendo traccia già scomparsa a causa delle nevicate e del vento, raggiuto la testa del gruppo. L’altro ieri abbiamo piazzato la nostra tendina su una piazzola di neve ricavata di misura in mezzo ad altre due tende a 6700 mt. Il punto più alto raggiunto quest’anno. Quel giorno siamo partiti da un’altezza di 5900 mt, alla base del pic Dushanbe e ci siamo diretti verso l’alto quasi alla cieca a causa della nebbia che riduceva a zero la visibilità e della neve che durante la notte aveva coperto completamente la traccia. Siamo comunque riusciti a raggiungere il campo alto e a piazzare le tenda. La perturbazione però ha continuato tutta la notte e la mattina ancora continuava. Anche le previsioni che avevano i nostri vicini di tenda non lasciavano tante speranze per i giorni a venire. Inoltre il metro di neve già caduto fino a quel momento rendeva la via verso la cima molto pericolosa, e anche quella del ritorno. Abbiamo così deciso di aspettare l’indomani, piazzare la sveglia alle 03:30 e a quell’ora mettere la testa fuori dalla tenda: se ci fossero state le stelle e la luna, ci saremmo preparati e da lì partiti per la cima del pic Communism. Ma alle 03:30 la neve continuava a cadere, così ci siamo girati dall’altra parte e io, raggomitolato nel caldo del mio sacco a pelo ho dato un calcio alla sorte e ho continuato a sognare fino alle 06:00 quando, dopo un breve consulto in russo con i nostri vicini, abbiamo deciso di scendere e di partire alle 09:00. Così ieri sera alle 21:00, dopo una lunga giornata fatta di dodici ore di cammino, di nebbia e di sole e di tanta neve fresca, siamo arrivati al campo base direttamente dai 6700 metri dell’ultimo campo. Le ultime due ore sono state una bella passeggiata sulla morena al chiarore della luna.
Ieri è terminato lo Snowleopard Ski Projekt e oggi mi trovo ad essere in quello stato in cui si è coscienti di questo fatto ma inconsciamente non se ne vuole ancora prenderne atto. E’ come se fossi ancora in corsa: sono qui al campo base, parlo con altri alpinisti, mangio e bevo montagna a 4400 mt e lo farò ancora per tre giorni. Non voglio credere che sia tutto finito e che non sia riuscito ad arrivare in cima a due montagne su cinque. Ne parlavamo giusto ieri io e Loscia: siamo arrivati così vicini alla cima anche di queste due… e siamo coscienti del fatto che, se le condizioni meteo ci fossero state favorevoli, saremmo arrivati in cima anche a queste due. Ma questo progetto era così: avevamo il tempo solo per un tentativo per montagna e direi che ci siamo comportati egregiamente. Potevamo rischiare sul Pobeda e rimanere bloccati a 7000 mt per quattro giorni nella tempesta, e anche qui sul Communism saremmo potuti rimanere a 6700 mt ancora per due giorni e aspettare, siamo acclimatati e il nostro fisico avrebbe potuto reggere e magari, prendendoci i nostri rischi per le valanghe, saremmo potuti andare in cima, ma la meteo, ora ha ricominciato a nevicare, e una grossa slavina che si è appena staccata di fianco alla via del Communism, ci sta dando ragione. C’è una linea sottile tra l’assumersi dei rischi per raggiungere una cima e l’assumersene di eccessivi rischiando eccessivamente la vita. E’ vero, magari questa volta ci sarebbe andata bene, ma la prossima no. Io voglio tornare su queste montagne e scalarne anche di nuove, vedere posti nuovi, conoscere gente nuova, salire e scendere con e senza sci. Rinunciare al Pobeda e al Communism quest’anno mi è costata molta fatica, ma sono convinto di avere fatto la scelta giusta. Però cavolo! Eravamo ad un passo dal farle tutte e cinque… .
Adesso è ancora presto per tirare le somme e parlare di tutte le esperienze fatte in questi due mesi, per adesso posso solo raccontare le sensazioni e i sentimenti che provo e che sono un misto di stanchezza profonda, quella stanchezza che senti nelle ossa e nella testa più che nei muscoli, e di delusione per la non realizzazione completa del progetto; ma anche ancora di eccitazione per tutte le intense esperienze vissute e la convinzione di avere trovato un amico, un piccolo amico russo dalla grande forza di volontà con cui, sono quasi sicuro, mi ritroverò per nuove montagne e avventure. Lo Snowleopard Ski Projekt comunque non è stato un fallimento. Non sono arrivato in cima a tutte e cinque le montagne, ma ne ho scalate tre in modo egregio: del pic Lenin ho disceso la parete nord con gli sci, sul Khan tengri siamo stati i primi della stagione ad arrivare in cima, il Korjenewskaja lo abbiamo scalato a tempo di record, e sul Pobeda, da soli, siamo arrivati ad un passo dalla cima. Anche il pic Communism quest’anno rimarrà inviolato: tutta la gente sulla montagna ha rinunciato lo stesso nostro giorno e sta tornando alla spicciolata al campo base. Reputo comunque di avere offerto una buona prestazione alpinistica e conto, nei prossimi anni, di portare a termine il progetto e di diventare uno “Snowleopard” come dicono da questa parti.
cheers
Cala

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