giovedì 15 maggio 2008

Dal diario di Cala.







Sono le 21,00 gli ultimi preparativi e come deciso parto alla vetta del Campo 4, 7440 metri. Tutti gli altri sono già là, il termometro segna -13 e scenderà fino a -15 in poche ore prima di congelarsi.Subito mi accorgo che forse ho sbagliato strategia: credevo di poter procedere veloce su una traccia già battuta, mentre la nevicata quotidiana l'ha completamente coperta. Affondo nella neve fino al ginocchio su un muro di 35°, dopo 150 metri di dislivello devo affrontare alcuni passaggi tecnici e superare seracchi di ghiaccio blu. E poi di nuovo nella neve fino al ginocchio.
La mezzaluna che fino ad allora mi aveva tenuto compagnia ulluminandomi la strada scompare e sono costretto ad accendere la frontale. Adesso sono proprio solo con me stesso e i miei pensieri, e l'orologio che segna il tempo inesorabile, sembra che cambi il quadrante dei minuti mentre quello della quota rimane immobile.
Piano piano faticosamente arrivo a quota 7400 ( il C4 è a quota 7440), affronto un traverso a destra molto pericoloso. A un certo punto vedo qualcosa davanti a me, guardo meglio ed è un cadavere tutto raggomitolato, con il teschio all'ingiù e una mano a falangi aperte rivolte verso l'alto e me, che sembra darmi il benvenuto al Campo 4. Il ghiaccio lascia spazio a uno spiazzo di roccia e neve disseminato di tende nuove e vecchie a brandelli.L'atmosfera è surreale, il posto è quanto più lontano dalla natura umana io abbia mai visto. Guardo l'ora e sono le 2,15. Porca miseria cinque ore anzichè le tre che avevo previsto e in più con un dispendio di energia decisamente maggiore. E adesso il vento è molto forte. Alcune tende ballano come se dovessero saltare via da un momento all'altro. Sono solo, alcune persone vagano per il C4 come zombi senza dare l'impressione di voler partire,altri sono in tenda, tutti gli altri già andati.
Io non conosco la strada. E' notte e non sono mai stato qui prima d'ora, e non so neanche in che direzione è la cima. Vedo due, tre luci in lontananza, per qualche istante nella tormenta, e decido di andare in quella direzione facendo attenzione a dove metto i piedi. Sono circondato da un vero e proprio mare di ghiaccio blu. Bisogna fare attenzione a come mettere i ramponi perchè un passo falso chissà dove mi farebbe scivolare. Guardo l'ora ho percorso 80 metri in un ora. Sono le 4,45 e mi dico che devo darmi una mossa. Per fortuna il percorso s'inclina e riesco a guadagnare dislivello. Il vento si rafforza sempre di più e adesso le dita delle mie mani mi accorgo che sono vicine al punto di congelamento, mi avvicino faticosamente a un seracco che offre un minimo di riparo e mi cambio i guanti. Mi ricorderò sempre l'incredibile sensazione di ritono alla vita delle mie dita. Intorno a me ci sono delle persone, uno vomita e dice che torna indietro, una donna si rivolge al suo sherpa, che è lì immobile e impassibile, dice che è stanca e torna indietro, ad un certo punto noto che c'è il bulgaro e poi non lo vedo più. Io tiro fuori la picozza e continuo. Adesso la parete si fa più inclinata 45° e inizia ad albeggiare, guardo su e davanti a me ci sono i tre colombiani, in poco li raggiungo e alle 5,00 , 5,15 sbuchiamo sul plateaux sommitale in tempo per vedere l'alba, qui infuria una vera e propria tempesta. Impiego venti munuti per tirare fuori la telecamera e riprendere un minuto. Bisogna stare attenti a non essere trascinati via dal vento. Faccio ancora qualche passo verso la cima ma è ancora molto lontana: sono a quota 7780, il plateux è lungo e poi la parete s'inclina di nuovo per 400 metri. Vedo i colombiani davanti a me che tornano indietro, penso che sono 8 ore che fatico e me ne mancano più di 4 circa, nella bufera e solo, e in più non posso neanche tornare al Campo 4 perchè non ho tenda lì. Devo per forza tornare almeno fino al C3 e in più si stanno avvicinando nuvole nere minacciose, così mio malgrado giro i tacchi e incomincio la discesa che mi porterà fino al BC, sono le 5,30 e s'infrange un sogno : le lacrime si ghiacciano sulle guance e s'uniscono al blocco di ghiaccio che sono diventatii miei baffi! Ma non c'è tempo per quello ora. Bisogna tirarsi fuori da quell'impiccio, fasci di neve scorrono super veloci sulla superficie di ghiaccio blu, sciare neanche a parlarne, testa bassa e giù.
Questa notte compirò un ultimo atto da uomo vinto ma non rassegnato.Un ultimo tributo alla montagna.
( Cala )


FOTO 1 = C3 da dove sono partito
FOTO 2 = mia faccia al momento della rinuncia
FOTO 3 = Più o meno il punto più in alto dove sono arrivato. La cima sullo sfondo.
FOTO 4/5 = Mare di ghiaccio
FOTO 6 = Mia faccia all'arrivo dopo 17 ore in alta quota

3 commenti:

  1. ....wow che brivido...una narrazione migliore di quella di Krakauer.
    Mi e' venuto il fiatone anche se sono comodamente seduto in ufficio.
    Forza Cala e ciao Priska da to cusin enrico

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  2. Ciao Enrico,
    riferisco al Cala!
    Un abbraccio
    Pri

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  3. ciao Cala!!!

    Complimenti comunque per l'impresa!!!

    Silvio & Luciano

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